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Il progetto come forma essenziale di dialogo

5+1AA Alfonso Femia Gianluca Peluffo

Il progetto come forma essenziale di dialogo
Scritto da Alfonso Femia, Gianluca Peluffo -

Generosità
Il nostro operare avviene attraverso “sentimenti operativi”. Il primo sentimento operativo che vorremo considerare come fondativo per la nostra idea di Architettura, è il sentimento della “Generosità”. La nostra convinzione è che ogni intervento di architettura sia un intervento portatore di significato pubblico, e che lo scopo di ogni committente, di ogni progettista, qualsiasi sia l’intervento o il progetto, sia quello di donare, di portare un dono. Il sentimento della Generosità, che proviamo a fare divenire un concetto, è considerato come tema e modalità di creazione dell’architettura: ogni architettura è pubblica ed esprime generosità, in modo da rendere Bellezza e Piacere sentimenti condivisibili. L’architettura può essere luogo di “correlativi oggettivi” in quanto messa in forma di eventi spaziali percettivi capaci di rendere condivisibili sensazioni, emozioni e sentimenti: il dialogo allora è il chiasmo fra questi eventi spaziali e sentimenti collettivi condivisibili. La Bellezza come luogo del dialogo è la creazione di architetture con queste caratteristiche di generosità. La Bellezza è il luogo in cui sentimenti intimi e personali entrano in contatto con l’emozione collettiva. È così possibile pensare che l’architettura (pubblica) contribuisca a costruire una “religione laica” attraverso questo atto di generosità e condivisione sentimentale. Questo implica ovviamente che la generosità non veicoli semplicemente sentimenti positivi, nel senso che la creazione di meraviglia può portare su di sé la condivisione di un dramma (le Fosse Ardeatine, il Cretto di Gibellina, la Chiesa del Longarone, il Monumento ai Caduti del Vietnam, il Museo Ebraico di Berlino): l’oppressione delle Fosse Ardeatine ad esempio, la sua brutalità arcaica contrapposta alla forza della semplicità geometrica, agisce sul sentimento del peso, del dolore profondo, del dramma totale e del suo riscatto legato al semplice fatto di esistere e di essere messo in quella forma.

Corpo
Il nostro corpo non è nato per il monologo, ma per le differenze e per l’incontro di quelle differenze. La polifonia è il destino del nostro corpo. Luce Irigaray lo definisce come “corpo sessuato” determinante la soggettività e capace di divenire il punto da cui ripartire per “incontrare l’altro”. Rimanere fedeli alla realtà significa accogliere tutti gli eventi con la propria fisicità. Così, come architetti, perseguiamo l’idea di un’Architettura che sia “Corpo”, che cerchi il piacere, che abbia fisicità, sensualità, soggettività ed unicità per potersi relazionare e per poter evitare il monologo: una architettura come “corpo sessuato”, portatrice quindi di dialogo, incontro, polifonia, visione, realtà. Un’Idea di Architettura che sia “Corpo”, ha direttamente a che fare con il tema della Materia, della fisicità, del peso dell’Architettura stessa: crediamo fermamente che in questo cattivo presente pervicacemente fondato su velocità, superficialità, comunicazione e smaterializzazione della realtà, la forza fisica della materia del corpo sia il principale antidoto alla negazione della verità. Il Corpo e la sua Materia sono le basi del dialogo e della conoscenza. Qui crediamo si annidi anche una questione legata all’idea di giustizia, di “architettura giusta”, o di “città giusta”; architetture e città che rendano possibile l’incontro e la “fusione” fra desiderio ed etica: la “fusione degli orizzonti”, obiettivo primario dell’architettura, è la creazione di condizioni sentimentali e fisiche di dialogo e di relazione, allo scopo di condividere la conoscenza. È per questo che noi parliamo di “architettura pubblica” come ricerca e atteggiamento primario e quindi rappresentazione e identificazione di una cultura, e di incontro di questa cultura con l’altro. Lo spazio pubblico, l’edificio pubblico devono tornare ad essere portatori di singolarità, di sentimento e di piacere per poter essere realmente democratici e socializzanti.

Meraviglia
La meraviglia, lo stupore sono gli elementi propri della poetica italiana e del suo territorio.
La creazione di meraviglia e di stupore da parte dell’architettura, non ha niente a che fare con la ricerca di consenso e di spettacolarità contemporanea. Più esattamente la creazione di meraviglia è lo strumento per raggiungere la conoscenza del reale. Ecco lo scopo.

La negazione del reale, l’atteggiamento che da blasé diviene cinico, proprio dell’architettura
contemporanea, dev’essere sconfitto.
Questa battaglia, etica e culturale, sarà combattuta attraverso un’architettura che sia invenzione specifica, che nasca con grande libertà dal Contesto e dalla Storia.
Il suo linguaggio è libero.
Il suo linguaggio è contemporaneo.
La creazione di Meraviglia ha lo scopo di mettere in contatto sentimenti individuali e sentimenti collettivi, creando identità e conoscenza: la fusione di elementi soggettivi ed elementi oggettivi, di elementi
rappresentativi ed elementi emotivi, la creazione di una sintonia di stati d’animo, di un contatto e di una fusione di orizzonti.
Si tratta di mettere a disposizione, attraverso un’idea di Architettura Pubblica, con generosità ed
inaspettatamente, dei “correlativi oggettivi”, capaci di dialogare con la ricchezza intima di ognuno, fatta di figurazioni, simboli, luoghi, ricordi.
Del resto, non si può avere un’altra infanzia oltre a quella che si è vissuta; la nostra generazione di
architetti ha negli occhi il dolore della violenza sul
territorio e del suo oblio.
Non può credere che lo Sviluppo coincida
con il Progresso.
Può però credere che l’unica identità possibile sia quella plurale che caratterizza il nostro paese, dove non è mai stata immaginabile un’uniformità di linguaggio. Può credere che questo sia il ruolo del nostro Paese nella Modernità e nella Contemporaneità: il lavoro sull’identità plurima e specifica, sulla Meraviglia come conoscenza e condivisione, usando la possibilità dell’architettura italiana contemporanea di essere realista e mitica nelle modalità del cinema di Fellini, Antonioni e Ferreri o della fotografia di Luigi Ghirri. Capace d’invenzione nello specifico attraverso edifici che siano macchine della percezione, che usino lo Stupore e la Meraviglia come strumenti di conoscenza.

Ritornare a vedere la realtà.
E, per quanto la realtà del territorio, delle città, degli uomini sia difficile e dolorosa, il dovere dell’architettura è di non rinunciare a immaginare un futuro.
Migliore.
Anche romanticamente.

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© Maggioli SpA • THE PLAN • Via del Pratello 8 • 40122 Bologna, Italy • T +39 051 227634 • P. IVA 02066400405 • ISSN 2499-6602 • E-ISSN 2385-2054