Per un archeologo del futuro che scrivesse un testo sulle vicende dell’architettura di oggi, la scoperta del gruppo Park sarebbe illuminante perché gli permetterebbe di trovare l’anello mancante di congiunzione dell’architettura High Touch.
Cos’è l’High Touch? È quel modo di vedere, sentire e progettare che segna la migliore produzione italiana d’inizio millennio. E si caratterizza per evitare gli eccessi intellettualistici alla Peter Eisenman, bombastici alla Zaha Hadid, del solipsismo alla Sejima e dell’architettura intesa come un teorema da dimostrare, alla Rem Koolhaas. Persegue invece un ideale di buon senso e di compromesso; evita l’entusiasmo verso le scelte più azzardate che muovono l’architettura contemporanea internazionale; preferisce la misura alla dismisura, il pittoresco al sublime, il classico al romantico e, soprattutto, è abbastanza aggiornato da captare da ciascuna tendenza il meglio, selezionandone gli aspetti che solo permettono realizzazioni ancorate al buon gusto. Gli italiani, affermava Edoardo Persico, non credono a nulla di preciso. E hanno stile ed eleganza, che è la forza di chi dalla tradizione è arricchito e, insieme, oppresso.
Chi sono gli eroi dell’High Touch italiano? Renzo Piano, Michele De Lucchi e Cino Zucchi.
Tutti e tre li troviamo lungo il cammino progettuale di Park. Filippo Pagliani, uno dei due soci, dopo la laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano, lavora con Renzo Piano dal 1992 al 1996 a Parigi per passare quindi allo studio di Michele De Lucchi a Milano dove rimane fino al 1999. Michele Rossi, l’altro socio che si laurea anch’egli a Milano, collabora con De Lucchi dal 1992 al 1996. I due, infine, lavorano in partnership con Cino Zucchi all’esecuzione di alcune opere tra le quali spiccano gli Headquarter Salewa a Bolzano, forse una delle migliori realizzazioni in...
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